Operazione “ci riprovo”: sui recenti arresti di Bologna

La normalità non poteva riaffacciarsi con maggiore chiarezza. Al crepuscolo dei domiciliari di massa elargiti con la quarantena, i carabinieri del R.O.S. e la procura di Bologna tirano fuori dal cappello un fascicolo inconsistente contro dodici tra compagne e compagni, accusati di associazione sovversiva con finalità di terrorismo, mettendone sette in carcere e sottoponendo le altre all’obbligo di dimora e di firma quotidiana. L’operazione è stata giustificata con un comunicato che ne esplicita il carattere preventivo: le persone coinvolte non solo hanno osato sfidare l’isolamento sociale delle settimane passate per portare la loro solidarietà ai detenuti in rivolta, ma avrebbero potuto anche – nel futuro prossimo – gettare benzina sul fuoco in occasione di eventuali momenti di tensione sociale. Dichiarazioni di cui bisogna saper apprezzare l’onestà: non ti spedisco in carcere per quello che hai fatto, ma per quello che potresti fare.

Di questa ennesima inchiesta contro gli ambienti anarchici, facciamo il quadro con una compagna e con l’avvocato difensore.

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