Sorveglianza a Venezia: perchè no
“Sorvegliare è punire. Ribellarsi è vivere” recita uno striscione solidale nei confronti di un compagno di Venezia su cui pende l’ennesima richiesta di sorveglianza speciale. Se da un lato, resta necessario comprendere la natura poliziesca della pena del sospetto (inserendola nella modularità con cui viene gestita la vita quotidiana tra minacce e premialità, con il suo portato di endosorveglianza), dall’altro lato anche il concatenamento di decisioni con cui vengono esplicitamente rifiutate simili misure (da Rovereto a Saronno, da Torino alla Val Susa e altre valli piemontesi) può valere come sintomo di un presente in cui l’avarizia dei grandi slanci non preclude la possibilità di vivere. Così, anche da Venezia arriva la scelta di proseguire su questa strada d’insubordinazione per certi versi inesplorata. Di questa decisione, e del contesto delle recenti lotte anticarcerarie in laguna, ci siamo fatti raccontare.