Seveso come un’infanzia

SevesoComeUnInfanziaOttimizzatoLa vicenda “Seveso” non è certo questione che si possa affrontare così, con qualche decina di minuti di musica e parole. Ci sarebbe così tanto da dire da scrivere decine di volumi, che di fatto sono stati scritti e di cui diamo conto qui.

Non è facile restituire all’ascoltatore di oggi i sentimenti di allora né ricostruire il gigantesco apparato di menzogna con cui è stata archiviata l’intera vicenda. Ciò che resta è l’impressione di trovarsi di fronte a un evento d’iniziazione alla catastrofe, a un’infanzia dei rapporti tra nocività, popolazioni, medicina, esercito, alle prese con i futuri problemi di coesistenza tra i veleni industriali e la vita.

Ma questa messa all’indice, l’archiviazione del caso – che ce ne consegna la vicenda come si trattasse di un pericolo corso, cui s’è posto rimedio, in un ormai remoto passato – contrasta con la semplice constatazione che, quanto d’irrimediabilmente mortifero c’è nel corso dei “normali” processi produttivi  che sistematicamente espongono a un rischio calcolato lavoratori e popolazioni, nel “momento Seveso” si manifesta assumendo molti dei tratti e degli aspetti salienti del quarantennio che gli succede ed è parte inestricabile del presente – e non solo perché la diossina è ancora lì, seppellita in fusti, sotto un bosco artificialmente prodotto.

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